Concluso nel Tribunale di Castrovillari il processo di primo grado a carico del parlamentare rossanese membro della Commissione Giustizia, relativo alla strana storia d’un assegno «rubato»

CASTROVILLARI – Nel pomeriggio odierno, dopo una breve camera di consiglio tenuta al termine dell’ultima udienza del processo nei suoi confronti, il giudice monocratico del Tribunale di Castrovillari, Orvieto Matonti, ha condannato il senatore di Fratelli d’Italia e membro della Commissione Giustizia, Ernesto Rapani, 56 anni, architetto rossanese di Corigliano-Rossano, per il reato di calunnia continuata.

Il togato ha inflitto a Rapani 1 anno e sei mesi di reclusione, condannandolo al pagamento delle spese processuali e al risarcimento del danno alle persone offese costituitesi in giudizio quali parti civili, riconoscendogli le attenuanti generiche e concedendogli la sospensione condizionale della pena e la non menzione nel certificato del casellario giudiziale. 

Il senatore, esponente del partito di maggioranza relativa che sostiene il governo del Paese guidato dalla presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni (nella foto d’apertura proprio assieme a Rapani), è stato difeso dall’avvocato Vittorio Ruscio del foro castrovillarese.

Il difensore, a fronte della richiesta del pubblico ministero d’udienza, Francesco Calderaro, che in qualità di rappresentante la pubblica accusa aveva sollecitato il giudice a condannare Rapani alla pena di 2 anni e sei mesi di reclusione, aveva articolato la propria arringa invocandone invece la piena assoluzione. La tesi difensiva sostenuta, però, non ha trovato riscontro nel dispositivo di condanna emesso dal giudice di primo grado, che s’è riservato di depositarne le motivazioni entro 90 giorni. Dopo di che la difesa del senatore potrà provvedere a ricorrere in appello.

Il Tribunale di Castrovillari

L’assegno e la manifestazione pro-fusione Corigliano-Rossano

La vicenda finita nelle aule di giustizia risale all’anno 2017 ed è riferita alla “strana” storia d’un assegno bancario. Rapani presentò una denuncia nei confronti di tre persone, Marco Olivito, 47enne imprenditore pubblicitario di Cosenza, il 41enne Andrea Nigro al tempo collaboratore di Olivito, e Domenico Ungaro, 52 anni, quest’ultimo direttore di banca di Corigliano-Rossano, accusandoli d’aver utilizzato l’assegno in maniera fraudolenta, titolo di credito che lui stesso riteneva che gli era stato rubato da ignoti assieme all’intero blocchetto.

Rapani, infatti, sosteneva che l’assegno non lo aveva consegnato ad Olivito e Nigro, che avevano curato l’organizzazione d’un evento per promuovere la fusione degli allora distinti comuni di Corigliano e di Rossano.

Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza, Manuela Gallo, nell’archiviare le posizioni dei due organizzatori e del direttore di banca, sottolineò che «verosimilmente, Rapani, dopo aver consegnato l’assegno in garanzia» a una delle due persone offese «entro la prima quindicina di ottobre del 2017 ed averne dolosamente denunciato lo smarrimento, consapevole della mancanza di provvista, in data 28 ottobre 2017, ha poi deciso di presentare la falsa denuncia di rinvenimento del titolo solo nel tentativo di evitare il protesto e nella prospettiva di raggiungere un accordo» con l’imprenditore «in ordine al pagamento del dovuto, essendo del tutto irragionevole ipotizzare che la predetta falsa denuncia sia stata sollecitata dal direttore di banca».

Il senatore rossanese

Rapani, scrisse il giudice, «ha motivato la denuncia di smarrimento dell’assegno riferendo che era solito lasciare nella cassaforte di casa un assegno sottoscritto e già compilato nell’importo per eventuali necessità della famiglia. Lo stesso aveva fatto con l’assegno di 3.500 euro di cui si discute, titolo che in un primo momento aveva custodito nella cassaforte di casa e che quindi aveva trasferito in un cassetto della scrivania del proprio studio, per poi smarrirlo»;

«Ebbene, si osserva in primo luogo che è del tutto implausibile che la parte offesa», ovvero Ernesto Rapani, «abbia potuto lasciare a disposizione dei familiari un assegno già sottoscritto di un importo così rilevante, non vedendosi a quali esigenze improvvise e non programmate occorrerebbe far fronte mediante un esborso di denaro così consistente».

Per il giudice delle indagini preliminari «Rapani si è mentito da solo quando ha riferito che, al tentativo di incasso del titolo il 23 novembre 2017, il conto corrente era privo di fondi».

Così, una volta archiviato il fascicolo, la Procura di Cosenza trasmise gli atti a quella di Castrovillari, invitando a valutare la configurabilità del reato di calunnia ai danni dei precedenti indagati. E difatti, a seguito del processo conclusosi oggi, il senatore è stato dichiarato colpevole per avere denunciato due di quelle persone, pur sapendole innocenti.

Nell’ambito dello stesso processo, il senatore è stato infatti assolto, sempre dal reato di calunnia, nei confronti di Domenico Ungaro.

La calunnia è un reato molto grave e plurioffensivo, poichè si tratta di reato contro l’amministrazione della giustizia, ma anche contro l’onore ed eventualmente la libertà personale dell’individuo ingiustamente e falsamente accusato dal calunniatore, sapendolo innocente;

ed è un reato di pericolo, poichè esso risulta configurato anche in assenza d’una condanna o dell’instaurazione del processo penale nei confronti dell’accusato, essendo sufficiente la mera possibilità che l’autorità giudiziaria s’attivi per reprimere il reato falsamente addebitato. direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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