COSENZA – Erano capaci di “fabbricarti” il Reddito di cittadinanza “su misura”. La loro era oramai diventata una “holding” della truffa, con sede “legale” nel pieno centro di Cosenza all’interno d’un Centro d’assistenza fiscale, il cui titolare è stato arrestato.
Al consulente è stata notificata un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Cosenza su richiesta della Procura. L’accusa nei suoi confronti è di truffa ai danni dello Stato. Sono 900 le persone indagate per indebita percezione del sussidio, utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento, abusiva attività finanziaria e riciclaggio.
I 3 indagati principali
L’uomo arrestato a seguito delle indagini “sul campo” che sono state condotte dalla guardia di finanza, addirittura non è nemmeno italiano:
si chiama Cristian Sebastian Teglas, ha 26 anni ed è rumeno.
Il giovane era un collaboratore del Caf “Labor”. Nell’inchiesta è indagato pure un imprenditore cinese, C.J, 45 anni, titolare d’un negozio cinese anch’esso ubicato nel centro di Cosenza e presso il quale i beneficiari illegittimi del sussidio sociale erano costretti a compiere spese fittizie con le carte di credito statali.
La Procura aveva richiesto misure cautelari pure per il cinese e per un altro collaboratore del Caf, lui però italiano, M.Z., 61 anni. Le richieste di misura sono state però rigettate dal gip Manuela Gallo.
Com’è nata e si è sviluppata l’inchiesta
L’inchiesta giudiziaria era stata avviata a seguito d’indagini tecniche, accertamenti documentali e bancari, attività d’osservazione e perquisizioni. E ha permesso alle fiamme gialle d’accertare che il Caf acquisiva una mole di documenti d’identità di persone residenti all’estero per avviare le pratiche per il reddito di cittadinanza, per il reddito d’emergenza e per gli assegni familiari.
I beneficiari dei sussidi, privi dei requisiti per l’ottenimento dei benefici economici, ricevevano il denaro anche con l’utilizzo di servizi di money transfer, versando al Caf parte delle somme a titolo di corrispettivo per le attività svolte.
Il Caf, nell’inoltrare le domande di sussidio, in alcuni casi utilizzava residenze fittizie al fine di “creare” nuclei monofamiliari e con bassi valori di “Isee”, in altri casi dichiarava più persone o nuclei familiari presso il medesimo indirizzo di residenza, oppure indicava false utenze telefoniche, anche intestate a persone diverse dai richiedenti o a soggetti del tutto inesistenti.
Numerosi i documenti d’identità reperiti e sequestrati nell’abitazione impiegata quale base logistica da uno dei collaboratori del Caf.
La dimensione della truffa è di oltre 3 milioni di euro dal 2019 al 2022. direttore@altrepagine.it