In questi giorni tutti gli organi d’informazione nazionali si stanno occupando degli ultimi sviluppi giudiziari relativi al pestaggio da parte d’alcuni carabinieri che, nel 2009, a Roma, provocò la morte di Stefano Cucchi. In questi giorni è cominciato pure il processo nei confronti d’alcuni carabinieri accusati d’avere violentato, l’anno scorso a Firenze, due studentesse straniere. Nei mesi scorsi, qui in Calabria, un maresciallo dei carabinieri forestali, addirittura ex consulente d’un ex ministro dell’Ambiente indagato per corruzione, è stato arrestato con accuse gravissime di corruzione e collusioni con gli sporchi affari della ’ndrangheta di Cirò. Nei mesi scorsi, qui a Corigliano Rossano, un carabiniere, già sotto processo per altri reati, è stato arrestato per estorsione. E ieri s’è appreso che un nutrito gruppo di carabinieri

tutti in servizio presso la stessa caserma, a Cirò, sono sott’indagine giudiziaria per episodi di corruzione e ritenuti favori – ricambiati – ad esponenti d’una famiglia di ’ndrangheta. Sette anni fa su AltrePagine ci occupammo del caso d’un maresciallo dei carabinieri accusato di corruzione e di collusione con due potenti boss della ‘ndrangheta di Corigliano Rossano da parte di due collaboratori di giustizia fuoriusciti dall’organizzazione retta da quegli stessi boss. Le gravissime accuse nei confronti del maresciallo successivamente furono archiviate per insufficienza di prove, non finirono in un processo. A processo però ci finimmo noi, querelati per “diffamazione” dal maresciallo per aver osato trattare quella scottante faccenda. Qualche mese fa ne siamo usciti assolti.

Sono tutti – compreso l’ultimo, quello nostro – episodi che minano pesantemente il senso di fiducia nelle Istituzioni e nella Giustizia dello Stato da parte dei cittadini italiani. Da alcuni anni accade spessissimo che in maxinchieste giudiziarie per mafia, ’ndrangheta, camorra, corruzione e tant’altro siano coinvolti addirittura ufficiali dei Carabinieri o della Guardia di finanza, dirigenti della Polizia di Stato, magistrati inquirenti o giudicanti, per non parlare ovviamente di rappresentanti delle Istituzioni elettive, politiche ed amministrative, vale a dire deputati, senatori, consiglieri comunali, provinciali, regionali, sindaci, assessori e presidenti, e dei burocrati corrotti delle loro amministrazioni figli di “concorsi” di cui loro sono stati padri, padrini e padroni.

Tutto ciò ha compromesso, e pesantemente, il senso di fiducia nelle Istituzioni e nella Giustizia dello Stato da parte dei cittadini italiani. Siamo lucidi, però: le Istituzioni sono incarnate dagli uomini e tra essi vi sono quelli buoni, integerrimi, alcuni di essi eroici. E quelli malamente.

C’è però un altro però. Ed è quello relativo, da un lato ai criteri di selezione e d’assunzione disciplinati da concorsi talvolta o spesso delinquentemente truccati che danno accesso alle Istituzioni dello Stato e garantiscono lo stipendio dello Stato a dei delinquenti, dall’altro ai quasi inesistenti meccanismi di controllo interni da parte delle Istituzioni stesse per esorcizzare quegli stessi delinquenti che esse hanno in seno.

Torniamo, per esempio, sui tanti casi di carabinieri accusati di delinquere. Nei loro confronti il provvedimento del trasferimento ad altra sede ed altri palliativi, come troppo spesso viene deciso, diventano tragicomici. E ciò vale dalla gloriosa e nobile Istituzione dell’Arma dei Carabinieri fino all’ultimo degl’impiegati comunali indagati per presunti reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni. Perché, continuando così, è lo Stato stesso che s’assume la responsabilità della mazzata finale – e letale – al senso di fiducia nelle Istituzioni e nella Giustizia dello Stato da parte dei cittadini italiani.

Adesso tutti i garantisti del piffero obietteranno che la presunzione d’innocenza fino all’ultimo grado di giudizio è un diritto scritto nella Costituzione. E chi lo nega? Per i processati è un diritto sacrosanto, ci mancherebbe. Le Istituzioni dello Stato, però, oggi non possono più permettersi il lusso di vivere coi sospetti tra le loro stesse mura. Pena la morte cerebrale e cardiaca, per infezione grave, del senso di fiducia nelle Istituzioni e nella Giustizia dello Stato da parte dei cittadini italiani. Facciano qualcosa di buono e giusto, allora, le Istituzioni…

 

Di admin

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com