Il boss rossanese soprannominato “Vucc rann” a dispetto dei suoi tanti anni di carcere ossequiosi della “regola del silenzio”, e il figlio, sono stati accusati dal “pentito” Nicola Acri come mandanti dell’omicidio Sacchetti compiuto 22 anni fa      

CORIGLIANO-ROSSANO – Nei verbali delle sue confessioni criminali, Nicola Acri (a sinistra), l’ex capo-‘ndrangheta rossanese dagli occhi di ghiaccio che dal 2021 collabora coi magistrati dell’Antimafia di Catanzaro, accusa frontalmente colui che – rivela – a Rossano fu uno dei suoi più importanti sodali.

Già, quel boss Salvatore Morfò (a destra) che assieme a lui dava il nome alla cosca Acri-Morfò. Che però, secondo i giudici di merito e di Cassazione, non sarebbe mai esistita, essendo, i Morfò, Salvatore come suo figlio Isidoro, usciti assolti dal relativo processo, quello denominato “Stop”, un processo dalla storia lunga, complessa e assai travagliata, scaturito dall’operazione anti-‘ndrangheta del giugno 2013 e conclusosi in Cassazione assai di recente, dopo che Acri s’era già buttato “pentito”.

Nel ‘91, Morfò accompagnò il killer che a Schiavonea fucilò a morte Gaspare Filocomo ‘U Negus

Nel maxiprocesso anti-‘ndrangheta “Galassia” della seconda metà degli anni ’90, Morfò fu condannato a 18 anni di carcere per avere guidato la Seat Ibiza rubata che il 16 aprile del 1991 condusse il killer mandato ad ammazzare a fucilate Gaspare Filocomo detto ‘U Negus, un “uomo di rispetto” eliminato sotto casa sua in Via Reggio Calabria alla marina coriglianese di Schiavonea.

Morfò ha pagato per quel delitto rispetto al quale s’è sempre protestato innocente ed è libero da tempo, anche se nel frattempo ha subito altri processi.

Isidoro Morfò

Le accuse dell’ex superboss oggi “pentito”

Tra le pesanti accuse che Occhi di ghiaccio sferra ai Morfò padre e figlio, c’è quella d’essere stati, nel 2001, ispiratori e mandanti dell’omicidio ‘ndranghetista di Andrea Sacchetti (leggi QUI e QUI) che fu ammazzato e fatto sparire con la tecnica della “lupara bianca”, fatto di sangue del quale lo stesso “pentito” s’è auto-accusato, accusando gli esecutori materiali di quella “eliminazione”.

Le propalazioni di Acri, per i magistrati, sono “confortate” da quelle d’un altro collaboratore di giustizia, Ciro Nigro, ex uomo di punta dell’alleata ‘ndrina di Corigliano, che ne offre puntuale riscontro in ordine ad organizzatori ed esecutori dell’omicidio di 22 anni fa.

Ciro Nigro

Dei presunti ispiratori e mandanti, però, ne ha parlato solo Acri, ed è per questo che i Morfò non sono finiti in carcere, né risultano al momento indagati, e sono dunque liberi.

Vero o falso il loro importante coinvolgimento in quel fatto di sangue? 

Solo se emergeranno fatti nuovi e solo un eventuale futuro processo potranno offrire una risposta a tale domanda.

L’incendio alla storica “Balera” della famiglia Morfò

Da quando le dichiarazioni di Acri sono diventate pubbliche, i Morfò, finora sempre “rispettati” dalla criminalità comune ed organizzata e socialmente “temuti”, sono diventati “bersaglio” e in modo eclatante.

Il fragoroso incendio appiccato da ignote mani criminali armate d’una tanica di benzina (trovata sul posto dai carabinieri) al loro storico lido balneare “La Balera”, situato nella parte più centrale del lungomare rossanese di Sant’Angelo, compiuto la notte tra sabato e domenica scorsi, è un atto criminale pesante e simbolico al contempo, compiuto perchè tutti sapessero e vedessero, e perchè i Morfò capissero.

Sì, ma cosa?

Una parte dello stabilimento balneare incendiato poche notti fa

Nessuno, prima di sabato notte ha mai avuto il coraggio di fare un torto simile ai Morfò.

Ed è suggestivamente simbolico il fatto che, proprio di fronte alla “Balera”, soltanto a pochi metri, vi abitano i più stretti familiari di Andrea Sacchetti.

La “Balera” è finita più volte in cronaca: 

sequestrata dalla magistratura per abusi sul demanio marittimo, poi sanati e successivamente dissequestrata, fino al fattaccio dello scorso mese di luglio quando proprio la “Balera” a Salvatore Morfò, il 4 agosto, era costato un nuovo arresto (da qualche settimana è tornato libero con l’obbligo di firma) con l’accusa di tentata estorsione ai danni nientepocodimenochè del Comune di Corigliano-Rossano (leggi QUI). 

Secondo la ricostruzione dei fatti, Vucc rann – questo è il soprannome storico di Morfò, paradossale per uno come lui che s’è fatto tanti anni di galera senza mai aprire bocca – avrebbe minacciato un dirigente comunale per costringerlo a non far decadere la concessione demaniale allo stabilimento balneare. Da qualche giorno distrutto dal fuoco nemico.

Da chi?

E perché?

Indagano i carabinieri del Reparto territoriale, diretti dal tenente colonnello Marco Filippi.

direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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