COSENZA – Se per il pubblico ministero Alessandro Riello non v’è alcun dubbio che il pregiudicato 57enne cassanese Maurizio Scorza detto ‘U cacagliu e la 38enne moglie tunisina Hedlhi Hanene detta Elena siano stati ammazzati proprio nella masseria del 58enne cassanese Francesco detto Franchino Adduci – finora l’unico imputato per il duplice omicidio di ‘ndrangheta compiuto da due ignoti killer nelle campagne al confine tra Cassano Jonio e Castrovillari il 4 aprile del 2022 – per la difesa dell’allevatore ch’è alla sbarra davanti ai giudici della Corte d’Assise di Cosenza, di dubbi ce ne sono eccome.

E da ieri ne sono convinti ancor più gli avvocati Cesare Badolato e Giancarlo Greco, dopo avere interrogato i consulenti tecnici di parte nominati dallo stesso collegio difensivo, Angelo La Marca e Fabrizio Coscarelli, poi contro-interrogati anche dal pm della Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro.

Francesco Adduci

Il rappresentante della pubblica accusa contesta ad Adduci d’avere attirato Scorza e la moglie nella trappola dei due sicari mandati dalla ‘ndrangheta a chiudere quel “contratto di morte”:

Scorza, infatti, avrebbe “abboccato all’amo” dell’agnello pasquale regalatogli quel tardo pomeriggio da Adduci, ignaro che ad attenderlo c’erano i carnefici suoi e della sua donna.

I carabinieri che hanno condotto le indagini per conto della Procura Antimafia catanzarese, erano risaliti alla masseria e ad Adduci grazie ai filmati delle telecamere di video-sorveglianza disseminate lungo il tragitto tra Cassano e contrada Gammellone, la contrada rurale tra il cassanese e il castrovillarese dove fu trovata la Mercedes Cla di Scorza con dentro i due cadaveri e l’agnello macellato.

La vettura in cui furono ritrovati i cadaveri della coppia uccisa

Gl’investigatori avevano così ricostruito a ritroso il percorso compiuto dai killer, con “punto di partenza” proprio la masseria di Adduci, dove ritrovarono frammenti del finestrino della berlina della vittima, mandato in frantumi dai colpi di pistola esplosi contro la donna che nella masseria non era scesa dall’auto, assistendo all’esecuzione del suo uomo prima che la stessa malasorte toccasse pure a lei.

Secondo i consulenti della difesa, quei frammenti di cristallo sarebbero talmente comuni da poter essere associati a diversi veicoli e non solo alla Mercedes di Scorza.

I dubbi degli avvocati di Adduci riguardano pure la tempistica del duplice omicidio e i movimenti successivi del commando assassino. Si ritiene che l’esecuzione sia avvenuta alle 18,18. A quell’ora, infatti, la sorella di Scorza parlava al telefono con Elena, quando all’improvviso la sentì urlare, prima che la comunicazione s’interrompesse. Secondo il pm Riello fu proprio in quel frangente che i sicari la freddarono. Alle 18.22 circa, però, la Mercedes di Scorza e quel grosso fuoristrada considerata l’auto dei killer, erano stati inquadrati da una telecamera di video-sorveglianza che dalla masseria dista proprio 4, al massimo 5 minuti.

Come avrebbero potuto, gli assassini – in così poco tempo – caricare il corpo di Scorza nel bagagliaio dove c’era pure il capretto sgozzato, e poi distendere quello della moglie sul sedile della Mercedes del veicolo?

Come avrebbero fatto a raggiungere il posto dove hanno abbandonato la vettura coi due cadaveri, in quel breve lasso di tempo?

Nell’udienza del prossimo 16 febbraio saranno interrogati due testi citati dallo stesso collegio di difesa di Adduci.

La sentenza è attesa invece ad aprile. direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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