CATANZARO – I magistrati della Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro avevano ipotizzato che il 63enne Antonio Nicoletti, imprenditore agricolo  coriglianese e residente a Corigliano-Rossano, fosse il “prestanome” d’uno degl’indagati nella maxi-inchiesta anti-‘ndrangheta “Athena” che coinvolge la “supercosca” facente capo alle famiglie Abbruzzese e Forastefano di Cassano Jonio, decimate lo scorso mese di giugno con decine e decine d’arresti e sequestri di beni per 5 milioni di euro (leggi QUI).

Proprio tra i beni finiti “sotto chiave” su disposizione del giudice per le indagini preliminari distrettuale, c’era un agrumeto di proprietà di Nicoletti, il quale comunque non è mai figurato nella rubrica degl’indagati.

Circa quell’agrumeto, ubicato nel territorio comunale di Cassano, i pubblici ministeri avevano teorizzato fosse stato oggetto d’una intestazione fittizia, attribuendone la titolarità a uno degl’indagati di “Athena”. Che, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe posto in essere l’intestazione fittizia per eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione.

Ipotesi tutte sconfessate dai giudici del Tribunale del riesame di Catanzaro, che hanno annullato il sequestro preventivo dell’agrumeto restituendolo a Nicoletti. redazione@altrepagine.it

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