L’ex fidanzata del 26enne rossanese Antonio Barbieri, ucciso a colpi di pistola sabato sera scorso, è fortemente indiziata per favoreggiamento personale nei confronti dell’omicida reo confesso, il 27enne pregiudicato coriglianese Cristian Filadoro, attuale fidanzato della stessa, e del proprio complice, il 32enne anch’egli pregiudicato Vincenzo Fornataro.
La posizi0ne della giovane M.D.S. e d’un altro suo familiare, sono al vaglio da parte degl’inquirenti della Polizia di Stato del Commissariato di Rossano e della Procura di Castrovillari, che sono giunti in meno d’una settimana alla risoluzione del “caso” e che stamane hanno tenuto una conferenza stampa in Questura a Cosenza per illustrare gli esiti dell’indagine e il movente del delitto di natura passionale. Inserito in un contesto di tipo criminale dal momento che tanto la vittima quanto i due carnefici reo confessi risultano pregiudicati e volti piuttosto noti alle forze dell’ordine di Corigliano Rossano.
«Certamente, da quello che abbiamo ricostruito, è un omicidio premeditato, che evidenzia l’organizzazione di un’azione punitiva. I due alla fine hanno confessato – ha detto il procuratore capo di Castrovillari Eugenio Facciolla – perché si sono resi conto che gli elementi raccolti li inchiodavano».
«Nel bar-panetteria di fronte al luogo dov’è avvenuto il delitto – ha detto il commissario della Polizia di Corigliano Rossano Giuseppe Massaro – lavora l’ex fidanzata di Antonio Barbieri. I due hanno avuto sicuramente un incontro. Il ragazzo è poi uscito dal locale ed ha incontrato i suoi assassini».
Ad esplodere i colpi d’arma da fuoco è stato Cristian Filadoro, attuale fidanzato della giovane donna che probabilmente poco prima del delitto aveva avuto una lite col suo ex. Barbieri all’interno della sua Mercedes è stato raggiunto dall’Alfa Romeo di Fornataro con a bordo l’amico Filadoro.
«Dalle indagini – ha aggiunto il commissario – ci siamo resi conto come l’auto usata per compiere il delitto fosse già pronta per essere incendiata in modo tale che dell’episodio non rimanesse nessuna traccia». Un contesto investigativo molto delicato e difficile. «Nonostante fossero le otto di sera – ha riferito il dirigente della Squadra mobile Fabio Catalano – non abbiamo ricevuto nessuna assistenza e collaborazione da parte delle persone che si trovavano vicino al luogo del delitto. Abbiamo operato in un clima di totale omertà».
Le indagini si sono avvalse d’analisi tecnico-informatiche sugli smartphone dei protagonisti e sulle celle telefoniche agganciate nelle fasi precedenti e successive al delitto, delle videroriprese d’alcune telecamere di sorveglianza che s’affacciano sui luoghi interessati e d’intercettazioni telefonico-ambientali successive al crimine.
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