C’iscriviamo di buon diritto in quella stragrande maggioranza di cittadini – e di giornalisti – che in Calabria e nella Sibaritide da anni oramai pensa a ragion veduta che la nostra sanità sia allo sfascio. Quasi sempre si dà la colpa ai medici, agl’infermieri, agli operatori socio-sanitari, al personale amministrativo dei nostri ospedali e delle nostre strutture sanitarie o a chiunque altro capiti a tiro in un ruolo “di comando” nel momento del bisogno.

Vale a dire in quell’esatto momento in cui ci s’imbatte con una grave o meno necessità di sanità, personale o familiare. Solo allora si riesce a comprendere appieno quel che si legge (e nel nostro caso anche quello che si scrive) quotidianamente sugli organi d’informazione.

Nossignori:

quasi sempre, la colpa, non è affatto di medici, infermieri, operatori socio-sanitari ed amministrativi, bensì della politica che in tutti questi anni ha “governato” e continua a “governare” la sanità calabrese, o meglio che ha rapinato a mano armata e continua a rapinare il sistema sanitario, in particolare le sue ingenti risorse economiche.

E mentre un fiume impetuoso ed impietoso di denaro finiva e finisce in modo legale, illegale e criminale nelle tasche di politici, dirigenti (anche medici) e cosiddetti manager (sic!), al contempo si riducevano e si riducono drasticamente i servizi sanitari, chiudevano e chiudono strutture, interi reparti, persino interi ospedali, non s’assumevano e non s’assumono più medici per meritori concorsi, ma soltanto qualcuno per imbosco (adesso c’è la puttanata dei medici cubani), si cominciava e si continua a non fornire più la carta igienica nei bagni degli odierni lazzeretti, e, talvolta, così com’è capitato nell’ospedale di Corigliano-Rossano alcuni mesi addietro, tale situazione esplosiva può addirittura provocare il blocco dei pasti ai degenti. Che senza mangiare – com’è elementare da capire – non possono assumere i farmaci coi quali in ospedale dovrebbero essere curati per farli guarire dalle loro malattie.

Perciò, per capirlo fino in fondo lo stato della nostra sanità, è necessario patirci personalmente o con qualche proprio caro. Per qualche ora dentro un ambulatorio di visita o per un po’ di giorni in qualche sbrindellato reparto ospedaliero.

Oppure per 12 ore filate in pronto soccorso. Proprio qui, tra carenza d’ambulanze, di medici a bordo e fuori bordo, d’infermieri e portantini, si sopravvive a stenti, o purtroppo si muore degli stenti della sanità che continua ad essere derubata ai calabresi ogni minuto che passa. Col paziente imbarellato da ore ed ore che può avere bisogno d’un fazzoletto di carta per pulirsi o d’un sorso d’acqua per non morire di sete in quel deserto dove non esistono né una bottiglietta da mezzo litro d’acqua né un solo strappo di carta igienica, mentre l’unico medico presente dalle 8 del mattino alle 8 di sera si divide fra quello e tanti altri, di pazienti, in attesa di ricovero o meno.

Così, il Pronto soccorso del fu ospedale “Guido Compagna” di Corigliano può salvarti la vita o salvarla a un tuo familiare, a un tuo parente, a un tuo amico, che la vita l’ha rischiata. Non sempre accade, purtroppo. Perché le “regole d’ingaggio” del paziente sono quelle e gli accessi sono decine e decine al giorno, notte compresa.

Intorno al Pronto soccorso del fu “Guido Compagna” di Corigliano da anni non c’è più nulla: un bar, un punto ristoro, uno spaccio, niente.

Dopo due anni e mezzo di chiusura, lo scorso 1° dicembre, due bravi e coraggiosi baristi coriglianesi, Gianni Cavallo e Cosimo Abbruzzese, hanno preso l’iniziativa di riaprire quel piccolo bar interno alla grande struttura ospedaliera oramai più che semi-vuota.

Il Pronto soccorso del fu “Guido Compagna” di Corigliano è l’ultimo baluardo della nostra Resistenza sanitaria. C’è chi scrive perchè aspetta e spera nel nuovo ospedale della Sibaritide, il diritto di gran lunga assai più importante che spetta a questo territorio. Non vogliamo essere di meno: non scriviamo, ma l’aspettiamo pure noialtri, non con speranza, ma con ansia.

La stessa ansia con la quale aspettiamo – oramai senza grandi speranze – l’Intifada della popolazione sanitaria di Corigliano-Rossano, della Sibaritide, della Calabria. direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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