Si trova in una zona desolata e l’amministrazione comunale l’ha destinata a un non meglio precisato centro per il «supporto di soggetti fragili e famiglie in difficoltà». In un altro immobile costruito abusivamente e confiscato in zona a rischio frana per dissesto idrogeologico, vogliono farci un asilo…

“Chiacchiere e tabacchere e’ lignamm o’ Banco ‘e Napule nun ne ‘mpegna!”, recita un efficace adagio napoletano che sembra essere cucito addosso all’amministrazione del sindaco di Corigliano-Rossano, Flavio Stasi.

Che, già da tempo impegnata solo in un’affannosa campagna elettorale per l’agognata conferma nel 2024, per tre volte nell’ultimo mese e mezzo ha diffuso la stessa identica notizia:

«Lotta alla mafia, il Comune acquisisce un altro bene confiscato».

Poi vai a leggere di quale bene si tratta, ed è sempre lo stesso, sempre quello. Vale a dire la villa confiscata nel maggio del 2015 in contrada Cardame allo Scalo coriglianese e che fu della famiglia di Maurizio Barilari, capo ‘ndrangheta di Corigliano dai primi anni Duemila all’estate del 2009, quando fu arrestato nell’ambito della maxi-operazione “Timpone rosso” il cui processo lo vide condannato a 28 anni di carcere per la partecipazione a tre omicidi di ‘ndrangheta, e a 19 per associazione mafiosa ed estorsione nell’ambito dell’altro maxi-processo “Santa Tecla”, condanne da tempo definitive con Barilari detenuto al 41-bis nel carcere de L’Aquila, lo stesso in cui l’altro giorno hanno portato il latitante di mafia arrestato dopo 30 anni Matteo Messina Denaro. 

Maurizio Barilari

«Le mafie non si combattono solo con la repressione e il controllo del territorio, ma anche con la sottrazione di parti di patrimonio che vengono poi restituite alla collettività per scopi sociali», ha ribadito col “copia e incolla” per la terza volta in 45 giorni, la vicesindaca, Maria Salimbeni, dopo la prima del sindaco Stasi e la seconda del loro movimento politico “Corigliano-Rossano pulita”. 

«Dopo aver intercettato 1,3 milioni di euro nelle scorse settimane per due progetti di riqualificazione di beni confiscati, nei giorni scorsi il Comune si è visto trasferire dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata del Ministero dell’Interno, un immobile, situato in Via Cardame, che sarà oggetto di progettazione e recupero per fini sociali.

Con la delibera di Giunta numero 386 del 24 novembre scorso, abbiamo deciso di acquisire questo bene, da destinare a finalità di supporto per soggetti fragili e famiglie in difficoltà, e finalmente l’iter è giunto a conclusione». Complimenti!

Quella progettazione sociale e scolastica da allocare in immobili improbabili e addirittura rischiosi

La villa che fu della famiglia Barilari si trova sì in Via Cardame, ma nel suo prolungamento, vale a dire non nella zona urbanizzata bensì in una zona d’aperta campagna pressochè desolata e servita da una strada strettissima.

Ed è lì che l’amministrazione Stasi darà quel non meglio precisato supporto ai soggetti fragili e alle famiglie in difficoltà, mentre nell’altro immobile confiscato fatto oggetto di “progettazione” dall’amministrazione di Stasi, Salimbeni & Company, ubicato in un’altrettanto desolata contrada Jacina nei pressi del centro storico coriglianese, e cioè la villa con annesso agrumeto che fu della famiglia di Giuseppe Russo detto ’U mussutu condannato per usura mafiosa nel processo “Corinan-Criscente”, dovrebbe sorgervi il plesso d’un asilo per bambini, quando gli attuali plessi urbani degli asilo di quel centro storico contano pochissime unità di bambini, e soprattutto quando l’ex Comune di Corigliano Calabro non poté mai utilizzare quel’’immobile al tempo acquisito dall’Agenzia nazionale del Ministero dell’Interno perché esso fu costruito abusivamente in una zona ritenuta a rischio frana per il dissesto idrogeologico!

La villa costruita dal boss Barilari

Solo propaganda pre-elettorale

«La lotta alla criminalità organizzata si porta avanti anche con queste azioni», ha ribadito per la terza volta nel comunicato diffuso ieri anche il sindaco Stasi, secondo il quale «le buone pratiche di riacquisizione e riutilizzo dei beni confiscati ai mafiosi sono uno degli strumenti principali utili a riaffermare nella cittadinanza la fiducia nelle istituzioni e al tempo stesso a indebolire finanziariamente e socialmente i mafiosi;

siamo riusciti ad intercettare fondi importanti per la riqualificazione, ma soprattutto per restituire alla collettività la ricchezza sottratta alla criminalità».

Già:

come se le confische le avesse effettuate la premiata ditta Stasi, Salimbeni & Co. con le loro “intercettazioni” di fondi dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, da qualche anno regalati a pioggia a qualsiasi amministrazione locale che presenti un progetto laqualunque, e non la magistratura antimafia attraverso indagini e processi.

Si pensi, per esempio, al Comune di Cerchiara di Calabria che conta poco più di 2 mila abitanti e che in questi ultimi anni ha “intercettato” (per dirla alla Stasi) 13 milioni e mezzo di euro di fondi statali per progetti vari, e si faccia il paragone con Corigliano-Rossano che d’abitanti ne conta 74 mila…

Chi non si ferma ad un’informazione superficiale, capisce bene che tra l’antimafia e le pagliette di propaganda pre-elettorale di Stasi, Salimbeni & Co. c’è una bella differenza. direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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