L’ex camorrista originario di Castrovillari temeva di essere ammazzato a causa del mancato pagamento di un carico di droga ai napoletani da parte dei cassanesi

Non solo e soltanto contropartite in denaro, ma anche pagamenti in natura. Dove la “natura” si chiama droga, e i lucrosi “baratti” si chiamano hashish, cocaina ed eroina.
Un accordo di questo tipo sarebbe stato stretto e sarebbe stato in vigore negli anni scorsi tra una cellula della famiglia ‘ndranghetista dei Forastefano di Cassano Jonio e uno dei gruppi camorristi di Secondigliano, nel Napoletano.
A svelarne le trame è stato un camorrista “pentito”, che oggi collabora con la giustizia. Si chiama Marco Castelluccio ed ha 43 anni. A verbalizzare le sue propalazioni è toccato ai magistrati della Procura distrettuale Antimafia di Catanzaro diretta da Nicola Gratteri.

Il procuratore antimafia Gratteri
Nel suo primo interrogatorio, Castelluccio si presenta come un fuoriuscito «dal clan Caldarelli-Sarno» di Secondigliano, nel quale faceva da guardaspalle al capo, Gennaro Caldarelli.
Nel 2008, però, Castelluccio s’era trasferito qui in Calabria, a Trebisacce:
«La mia famiglia è originaria di Castrovillari», ha raccontato.
E proprio da Trebisacce aveva cominciato a “importare” droga da Napoli, rifornendo un circuito ristretto d’amici e conoscenti.
Dei suoi traffici, però, era giunta voce alle orecchie d’alcuni esponenti della famiglia Forastefano, che l’avevano convocato da loro:
«Mi chiesero se avevo possibilità di fargli arrivare fumo o cocaina da Napoli, in quantitativi però enormi, cioè si parla di quattro o cinque chili di fumo, e di uno o due chili di cocaina […] e io risposi loro che sarei andato a Napoli ed avrei parlato con alcuni amici appartenenti al clan di Secondigliano».
I camorristi suoi sodali necessitavano d’eroina e i Forastefano ne erano ben forniti:
«La compravano dagli albanesi a 19 mila euro al chilo».
Gli ‘ndranghetisti di Cassano avevano invece bisogno di cocaina. Che, da Secondigliano, erano disposti a fornire a 47 mila euro al chilo.
Questi gli accordi “commerciali”. A trasportare la droga da Napoli a Cassano e da Cassano a Napoli era proprio l’attuale collaborante. Gli affari, però, a un certo punto s’erano fermati a causa del mancato pagamento d’un carico di droga da parte dei cassanesi. Coi napoletani ch’erano giunti fin qui – armati – per incassare il dovuto. E fu proprio questo il motivo per il quale Castelluccio decise di saltare il fosso:
aveva paura d’essere ammazzato e temeva per i suoi tre figli.
Poco prima del “pentimento” era venuto a conoscenza d’un altro affare sporco in corso tra i Forastefano e quelli di Secondigliano:
«Erano in corso i lavori di ammodernamento del bivio Firmo-Sibari sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria. Si trattava di un appalto da 6 milioni di euro e loro pensavano di chiedere alla ditta una tangente del 10%.
Era una torta da 600 mila euro e 200 mila erano per i camorristi. Non so se poi quell’affare andò in porto oppure no…». direttore@altrepagine.it