La canzone “incriminata” con due querele dal primo cittadino, lo attaccava sullo scioglimento del Comune per mafia, ma il 26enne artista cassanese Guido Cetraro ne esce pulito. Ecco perché
CASTROVILLARI – Come “regalo” di Natale, nel 2020, s’era visto notificare un decreto penale di condanna, richiesto e ottenuto dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Castrovillari da parte del sostituto procuratore Flavio Serracchiani. Due mesi di reclusione – convertiti però in 4.500 euro di multa – per il reato di diffamazione continuata.
Protagonista Guiz, rapper della Sibaritide residente a Cassano Jonio, all’anagrafe Guido Cetraro, 26 anni, artista e laureato in Dams – Discipline delle arti, della musica e dello spettacolo. Già, ma chi, come e perché avrebbe diffamato, Guiz?
È presto detto:
la “vittima” è un uomo politico locale, che il rapper conosce molto bene perché è il sindaco della sua città, ladies and gentlemen Gianni Papasso, proprio il sindaco attualmente in carica di Cassano Jonio.
Era stato proprio lui a querelare Guiz – per ben due volte – tra la fine di marzo e la fine di settembre del 2018.
A gennaio di quell’anno, infatti, Guiz aveva pubblicato il video del suo brano “#Degrado2”.
«Nelle mie canzoni parlo di problemi sociali», spiega, «e in “#Degrado2” parlo della connivenza tra mafia e politica in Calabria. Quando ho scritto il brano, il Comune di Cassano era stato sciolto per infiltrazioni mafiose e commissariato».
Il Tribunale di Castrovillari
L’opposizione al decreto di condanna e il processo
Guiz però non s’era arreso al decreto di condanna, e, affidandosi all’avvocato Mariateresa Petta del locale foro, ne aveva formalizzato l’opposizione.
Ne è seguito il processo dibattimentale e in contraddittorio, partendo dal capo d’imputazione formulato dal pubblico ministero Serracchiani, che era il seguente:
«Con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con un video-clip musicale dal titolo “#Degrado2” pubblicato sulla piattaforma web “YouTube” e successivamente condiviso sul social network Facebook, facente riferimento a Papasso Giovanni, ex sindaco di Cassano Jonio ed alle infiltrazioni mafiose (che hanno portato allo scioglimento del Consiglio comunale della Città di Cassano), ne offendeva la reputazione.
In particolare, nella scena iniziale lo ritraeva nell’atto di dare ad un terzo un vistoso mazzo di banconote da euro 500, tipico atto di corruttela, e al minuto 2:43 del video, nella parte del brano specificamente dedicata alle infiltrazioni mafiose, cantando affermava:
“La nave affonda, la colpa è delle infiltrazioni (…) se non vuoi che ti dedico canzoni, prenditi il merito delle tue azioni e chiedi scusa ai tuoi elettori”;
“La gente non vuole mafiosi, ma vuole uno che tira fuori i coglioni e si ci metta contro”.
Successivamente sulla propria pagina Facebook pubblicava un video messaggio con il quale, riferendosi alla parte offesa affermava:
“Volevo dire a questa persona che mi ha querelato che, purtroppo, adesso non ha più niente da fare, prima fregava i soldi allo Stato, adesso non lo può fare neanche più”; e, al minuto 1:45 del video affermava:
“La mafia che querela, mi sembra un po’ strano… Mi aspettavo una pallottola… Una cosa così, però, una querela no”: “(…) e soprattutto, per fare le querele, dovete essere innocenti, dovete essere puri… E non lo siete.”».
Il video “incriminato”
Nel processo, naturalmente, il sindaco Papasso s’è costituito parte civile attraverso l’avvocato Michele Donadio del locale foro.
In dibattimento sono stati sentiti numerosi testimoni, citati sia dal pubblico ministero rappresentante la pubblica accusa che dall’imputato Cetraro e dalla parte civile Papasso.
Alla fine, il pm d’udienza Patrizia Ciabattari ha chiesto la condanna di Cetraro a 4 mesi di reclusione, richiesta cui s’è ovviamente associata la difesa di Papasso, mentre la difesa dell’imputato ha motivatamente sollecitato l’assoluzione del rapper:
«Per non aver commesso il fatto o in subordine perché il fatto non costituisce reato, previo riconoscimento della scriminante del diritto alla critica».
Ed è proprio il diritto di critica al centro della sentenza assolutoria, pronunciata lo scorso 26 aprile dal giudice monocratico del Tribunale di Castrovillari, Rosamaria Pugliese, le cui corpose motivazioni – contenute in ben 7 pagine – sono state depositate il 26 maggio scorso:
«Il fatto non costituisce reato». direttore@altrepagine.it