CORIGLIANO-ROSSANO – Fu un fiume in piena Pasquale Inzitari (foto) in quel caldissimo fine luglio del 2017.
Quando tra i parcheggi per le auto del centro commerciale coriglianese “I Portali”, dove lui stesso è proprietario d’uno dei più grandi e frequentati negozi – l’Expert – vide coi suoi occhi quella stessa morte che la ‘ndrangheta nella sua famiglia aveva già dispensato otto anni prima, ammazzando suo figlio Francesco Maria, appena 18enne, in un agguato davanti a una pizzeria di Taurianova, in provincia di Reggio Calabria.
La Ford Edge di Inzitari nei minuti successivi all’agguato
Pure l’imboscata a colpi di pistola tesa a lui la sera del 25 luglio di sei anni fa, affonda le sue tentacolari radici ‘ndranghetiste proprio nel Reggino, e in particolare a Rizziconi, il paese di cui l’imprenditore oggi 63enne è originario e dove aveva pure ricoperto l’importante carica pubblica di vicesindaco ed assessore ai Lavori pubblici, oltre a quella di consigliere della Provincia di Reggio Calabria.
E il gruppo di sicari giunto fino a Corigliano per eliminarlo, adesso s’è scoperto essere proprio delle sue parti.
Senza le dichiarazioni d’uno di loro, il 52enne neo “pentito” Gianenrico Formosa, affiliato alla ‘ndrangheta nel 2004 nel carcere di San Vittore a Milano, la Procura Antimafia di Catanzaro probabilmente non sarebbe riuscita ad individuare lui, il 56enne Antonio Domenico Scarcella, il 44enne Francesco Candiloro e il 45enne Michelangelo Tripodi, i quattro “azionisti” spediti qui dalla cosca di ‘ndrangheta facente capo alla famiglia Crea di Rizziconi.
Leggiamo adesso la cronaca della sera del 25 luglio 2017, dalla viva voce di Inzitari al cospetto dei carabinieri della Compagnia di Corigliano:
«Sono uscito da una parte secondaria posta sul retro del punto vendita, ho acceso il motore della mia Ford Edge nera e tranquillamente mi sono avviato per immettermi nella circolazione del parcheggio del centro commerciale;
andavo lentamente in prossimità dell’uscita quando ho notato dallo specchietto retrovisore interno che due persone su una motocicletta, muniti di casco, si erano messi dietro di me all’improvviso ed il passeggero reggeva una pistola che aveva puntato contro di me.
Il parcheggio de “I Portali”
È stata una pura casualità aver guardato nello specchietto retrovisore. Preso dal panico invece di seguire il normale flusso della circolazione stradale ho tagliato completamente, senza rispettare la segnaletica, inseguito da questa motocicletta.
Fortunatamente non ho avuto alcun problema di superare i vari ostacoli determinati dalle piazzole in cemento rialzate e proprio per tagliare una di questa ho spaccato entrambi gli pneumatici anteriore e posteriore lato destro. Quindi ho abbandonato la macchina ancora in corsa e mi sono diretto corendo a piedi e da solo all’interno del Declathon;
nel mentre cercavo questa via di fuga, gli spari si sono succeduti in quanto la motocicletta, che ero riuscito a distanziare, è sopraggiunta di corsa. Vi erano passanti, persone che entravano ed uscivano dal Declathon e ho udito alcuni colpi di arma da fuoco ma non so indicarvi quanti».
Alcune domande sorgono spontanee:
il commando d’origine reggina davvero non ha avuto alcun supporto logistico ed alcun tipo d’aiuto dagli ‘ndranghetisti locali?
Davvero alla ’ndrangheta locale non è giunto alcun “preavviso” per un omicidio plateale che sarebbe stato compiuto in mezzo ai clienti del centro commerciale coriglianese?
E davvero la ‘ndrangheta locale non ha messo a disposizione degli “azionisti” reggini dei ragazzi locali?
Sembra incredibile, ma fino alla chiusura delle indagini ci sarà tempo e modo per scoprire eventuali nuove verità… direttore@altrepagine.it