Oltre ad Occhi di ghiaccio, di ‘U Righiarar ne hanno parlato altri “pentiti” non solo rossanesi, ma anche coriglianesi, cassanesi e cosentini

CORIGLIANO-ROSSANO – Sono passati una cinquantina di giorni dalla “sparizione” di Carmine Morello (foto), il cui cadavere fu poi ritrovato dai carabinieri lo scorso 3 settembre nella desolata campagna di contrada Stranges.

‘U Righiarar – questo il suo soprannome – era stato “giustiziato” proprio lì, a colpi di pistola, la stessa mattina del 9 agosto in cui era sparito.

Vittima d’una silenziosa imboscata di ’ndrangheta ordita per lui lontano da orecchie ed occhi indiscreti.

Ammazzato con due pallottole in testa, una alla tempia destra e l’altra alla nuca a mo’ di “colpo di grazia”.

‘U Righiarar, ‘ndranghetista da oltre un ventennio

Morello, che avrebbe compiuto 49 anni il prossimo 22 dicembre, era un “picciotto” di vecchia data. Tra le fila della ’ndrangheta rossanese “militava” e si muoveva con disinvoltura da ben oltre un ventennio.

Volto, nome, cognome e soprannome già noti a poliziotti, carabinieri, finanzieri e magistrati, alla fine capitolò in quella maxi-retata anti-‘ndrangheta che fu denominata “Stop”.

Era il 19 giugno del 2013 quando Morello finì in carcere assieme a capi e gregari della ‘ndrina guidata da Nicola Acri, il “boss dagli occhi di ghiaccio”.

Il processo, la condanna a 6 anni e otto mesi e l’assoluzione per il tentato omicidio di Manzi Tom tom

Nel lungo, farraginoso e travagliato maxi-processo che scaturì dall’operazione “Stop” uscì definitivamente condannato alla pena di 6 anni e otto mesi (era stato scarcerato nel 2019) per la sola associazione mafiosa, benché i magistrati antimafia, fino allo scorso 22 giugno dinanzi ai giudici della suprema Corte di Cassazione, gli contestassero anche il tentato omicidio di Tom tom al secolo Antonio Manzi, il vecchio boss rossanese prima della consacrazione di Occhi di ghiaccio.

Per quel fatto ne era uscito definitivamente assolto un mese e mezzo prima d’essere “eliminato”. Ad accusarlo quale esecutore materiale dell’agguato compiuto a colpi di pistola contro Manzi il 26 dicembre del 2002 a Rossano, fu un nugolo di collaboratori di giustizia.

Taluni dei quali, negli anni, hanno fatto marcia indietro rispetto al “pentimento”, per poi “pentirsi” d’essersi “pentiti” d’essersi “pentiti”.

Come Gaetano Solferino, che dapprima accusò i suoi sodali e poi si rifiutò di testimoniare in dibattimento contro coloro i quali aveva in precedenza accusato, e per questo era stato subito “scaricato” dai magistrati antimafia e venne condannato senza sconti come gli altri.

Nicola Acri

Nella tarda primavera del 2021, però, a “pentirsi” fu proprio il capo, Nicola Acri:

nei suoi verbali, alla voce “Carmine Morello”, il “boss dagli occhi di ghiaccio” lo descrive come un sodale che «si occupava di tutto».

L’elenco dei “pentiti” che negli anni hanno parlato di Morello

Ad ogni buono o cattivo conto, di Morello, negli anni, hanno parlato “dichiaranti” non solo rossanesi facenti parte attiva della stessa ‘ndrina, ma anche appartenenti ad altre ‘ndrine, come quella di Corigliano, quella di Cassano e quella di Cosenza. Vediamo chi. 

Ne hanno riferito i “picciotti” rossanesi Giuseppe Gallina e Gaetano Solferino, ma anche il coriglianese originario di Cassano Jonio Vincenzo Curato (deceduto alcuni anni fa), il cassanese Pasquale Perciaccante, i cosentini Daniele Lamanna e Franco Bruzzese.

Morello con la sua inseparabile motocicletta che l’ha accompagnato fino alla morte

Eliminato per scongiurare il suo “pentimento”?

Una delle ipotesi relative all’eliminazione di Morello, è che ‘U Righiarar da qualche tempo fosse stato “scaricato” da chi ha preso il posto di Occhi di ghiaccio e oggi ha lo scettro di comando sulla ’ndrina rossanese, e che per questo motivo anche lui avesse deciso di seguire le “orme” dell’ex capo-‘ndrina, vale a dire la strada del “pentimento” e della collaborazione con la giustizia.

Possibile che Morello avesse confidato o palesato in qualche modo questa sua ipotetica intenzione a qualcuno di cui si fidava e che l’ha tradito. E gli uomini della ‘ndrina, avendo “saputo” anzitempo, l’hanno perciò anticipato. Già, prima che potesse “cantare”… direttore@altrepagine.it          

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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