Mentre “Occhi di ghiaccio” collabora con la giustizia da due anni e mezzo, la figura del “Piccoletto” emerge prepotentemente dalle carte delle ultime maxi-inchieste giudiziarie
CASSANO JONIO – Due sono stati gli “uomini d’onore” più precoci della Sibaritide ‘ndranghetista. Sul primo è già stato scritto tanto, ma tantissimo altro si scriverà ancora, vale a dire quando finalmente diventerà pubblica la maggior parte dei verbali contenenti le sue confessioni ai magistrati della Direzione distrettuale Antimafia di Catanzaro.
Già, perché di quanto raccontato dall’ex boss dagli occhi di ghiaccio Nicola Acri (foto a sinistra), figlio d’un maresciallo dei carabinieri e indiscusso, temutissimo killer e capo-‘ndrina di Rossano già all’età di 21 anni, “pentitosi” due anni e mezzo fa, quel che è noto è ancora davvero pochissimo.
L’altro boss precoce della “meglio gioventù” ‘ndranghetista è invece l’“ottimo” rampollo d’una potente saga familiare di ‘ndrangheta, quella d’origine zingara stabilitasi a Cassano Jonio che fu sempre alleata di Occhi di ghiaccio:
al secolo è Luigi Abbruzzese, ma il suo soprannome è Il piccoletto (foto a destra). Sì, perché all’età di 15 anni, secondo il racconto d’alcuni “pentiti” di Cosenza, accompagnava il papà Franco detto Dentuzzu – figlio di nonno Celestino detto Asso di bastoni o più semplicemente Ciccio ‘u zingaru – ed aveva, eccome, voce in capitolo nel contrattare coi cugini Abbruzzese di stanza a Cosenza il prezzo dell’eroina che i cassanesi rifornivano ai loro parenti cosentini.
La rapida ascesa del Piccoletto
All’età di 24 anni il boss di Cassano era proprio Il piccoletto, come sostengono gl’investigatori della guardia di finanza e dell’Antimafia catanzarese dal 2013, a seguito dell’inchiesta “Gentlemen” sul colossale narcotraffico su scala mondiale che il giovane zingaro aveva messo in piedi assieme ad affiliati e sodali.
Nel febbraio del 2015, alla retata in cui culminò quell’inchiesta, Luigi riuscì a sottrarsi alle manette e al carcere duro del “41-bis”. Dopo 3 anni e mezzo di latitanza trascorsa tra Francoforte, in Germania, e… Cassano, il 18 agosto del 2018 proprio in patria capitolò al cospetto dei carabinieri, un po’ com’era successo 8 anni prima a Occhi di Ghiaccio anch’egli catturato da latitante, lui però a Bologna.
L’inchiesta sulla latitanza del Padre nostro, Quarto cavaliere
La figura di Abbruzzese Il Piccoletto emerge dalle carte della più recente delle maxi-inchieste anti-‘ndrangheta riguardanti la Sibaritide, quella denominata “Athena”, che include un’indagine specifica che riguarda proprio i suoi tre anni e mezzo di latitanza che i magistrati hanno battezzato “Quarto cavaliere”, e tra poco scopriremo perché.
Oggi Occhi di ghiaccio ha 44 anni – una decina dei quali trascorsi al “41-bis” – ed è un ergastolano proprio come il 53enne Dentuzzu padre del Piccoletto, che di anni ne ha invece 34. E che da quasi 5 anni e mezzo è dentro per scontare i 20 anni di reclusione definitivi inflittigli proprio nel maxi-processo “Gentlemen”.
L’alleanza coi Forastefano, ex acerrimi nemici degli zingari
Sotto la guida di Luigi Abbruzzese, secondo l’Antimafia, si sarebbe suggellata quell’alleanza ‘ndranghetista che fino a poco tempo prima era davvero impensabile e neanche lontanamente immaginabile a Cassano, quella con gli acerrimi storici nemici degli zingari, vale a dire la famiglia cassanese doc dei Forastefano con la quale tra la fine degli anni Novanta e per oltre un decennio dei Duemila s’era combattuta una guerra che sembrava davvero infinita, con pistole, fucili, mitragliatori kalashnikov, fuoco e piombo che avevano visto sgorgare a fiumi il sangue dei tanti morti ammazzati sia dall’una che dall’altra parte delle opposte barricate armate fino ai denti.
Le ultime maxi-inchieste anti-‘ndrangheta locali (“Kossa”, “Gentlemen 2” e “Athena”) hanno fatto emergere come siano stati archiviati non solo i pregiudizi etnici, ma anche i vecchi rancori connessi proprio agli affetti verso quei tanti “caduti di guerra”.
Le eloquenti intercettazioni
Nel corso di un’intercettazione di poco precedente all’arresto del Piccoletto, era proprio lui a dialogare con alcuni suoi familiari che avevano un “problema”:
dovevano noleggiare un’auto, ma non volevano spendere troppo. E Luigi Abbruzzese suggerì loro di presentarsi dal noleggiatore a nome suo, recitando la formula: «Padre nostro, Quarto cavaliere».
In un’altra intercettazione, successiva al suo arresto, due suoi sodali parlano di lui elogiando «il suo modo di fare», sostenendo come egli sia «ben visto dalla popolazione comune», perché da lui si presentavano bisognosi, persone alle prese con malattie, e lui «pure che è senza soldi, se tiene duecento euro se le toglie dalla tasca per darle a loro».
Durante la sua latitanza cassanese, infatti, per dargli ospitalità, si sarebbe resa disponibile pure un’anziana… direttore@altrepagine.it