CATANZARO – Dopo 7 mesi trascorsi in carcere, dapprima a Francoforte, in Germania, e poi, dopo l’estradizione in Italia, nel penitenziario di Viterbo, oggi ha riguadagnato la libertà personale.

Si tratta del 54enne Rosario Giovanni Fuoco detto Schmitt, originario di Campana ma da oltre trent’anni residente nella nazione tedesca dov’è proprietario del ristorante-pizzeria “da Dino”, a Francoforte.

Fuoco è uno dei 25 arrestati nell’ambito della maxi-inchiesta anti-‘ndrangheta ed antidroga su scala internazionale ed intercontinentale “Gentlemen 2, scattata all’alba dello scorso 5 giugno in esecuzione di un’ordinanza applicativa di misure cautelari in carcere emessa dal giudice per le indagini preliminari di Catanzaro, su richiesta della locale Procura distrettuale Antimafia-

L’accusa: il suo ristorante in Germania “covo” dei narco-boss della Sibaritide

L’uomo, secondo l’accusa, farebbe parte dell’associazione capeggiata dalla supercosca di ‘ndrangheta facente capo alle famiglie Abbruzzese e Forastefano di Cassano Jonio, dominante nell’intera Sibaritide ed operativa nel settore del traffico di sostanze stupefacenti in ambito internazionale (Spagna e Marocco) ed intercontinentale (Sudamerica).

In particolare, a Fuoco viene contestato d’avere fornito appoggi logistici in Germania proprio nel suo locale, e d’avere co-finanziato anche un’importazione di cocaina dal Sudamerica.

Per i magistrati antimafia, il ristorante “da Dino” sarebbe stato la location dei summit ‘ndranghetisti e il fulcro per gli appoggi logistici dei sibariti quando questi si recavano in Germania per discutere di persona dei loro affari illeciti.

Nel locale, la polizia tedesca aveva registrato una riunione che, secondo l’accusa, avrebbe avuto ad oggetto l’acquisto di 50 chili di cocaina che dal Sudamerica sarebbero dovuti giungere in Germania, e, infine, in Italia, per essere smerciati nelle piazze di spaccio della Sibaritide e non solo.

In Germania, per l’occasione, sarebbero giunti Nicola Abbruzzese, Fiorello Abbruzzese, Pasquale Forastefano, Alessandro Forastefano e Francesco Faillace, tutti co-indagati di Fuoco.

Lo scopo sarebbe stato quello di pianificare l’affare sudamericano tramite il broker greco Nikolaos Liarakos.

E sarebbero stati gli stessi protagonisti a far esplicito riferimento al quantitativo e al prezzo della droga, alle modalità ed ai tempi di trasporto, al denaro necessario per l’acquisto da suddividere in quote capitali, una delle quali secondo l’accusa l’avrebbe conferita proprio Schmitt.

Il ricorso in Cassazione dell’avvocato Di Iacovo

Contro le accuse di partecipazione all’associazione e d’importazione dei 50 chili di “coca” dal Sudamerica, Fuoco aveva proposto ricorso al Tribunale del riesame, i cui giudici lo scorso 19 luglio gli avevano negato la scarcerazione.

Decisione impugnata da Fuoco davanti alla suprema Corte di Cassazione, che il 21 dicembre scorso aveva accolto il ricorso presentato dal suo difensore, l’avvocato Pasquale Di Iacovo del foro di Castrovillari (nella foto d’apertura), annullando con rinvio per nuovo esame da parte del Tribunale della libertà catanzarese.

In particolare, il cassazionista coriglianese aveva esposto nel ricorso molteplici incongruità della motivazione con la quale erano stati ritenuti non fondati i rilievi che la difesa aveva mosso in relazione alla capacità dimostrativa delle intercettazioni telefoniche ed ambientali, di rappresentare con certezza che il ristorante “da Dino” fosse stato effettivamente utilizzato per le riunioni del clan e che il suo proprietario fosse la persona coinvolta nei traffici intercontinentali di sostanza stupefacente gestiti dal gruppo Abbruzzese-Forastefano anche tramite i messaggi scambiati utilizzando i “criptofonini” Sky-Ecc.

Tramite una rogatoria internazionale, le autorità giudiziarie francesi, olandesi e belghe, coordinate da Europol ed Eurojust, avevano infatti hackerato un server della società americana Sky-Ecc mediante il quale soggetti di tutto il mondo avrebbero scambiato messaggi al riparo dalle intercettazioni delle forze dell’ordine, i cui contenuti erano stati però sequestrati direttamente nel server francese e “decriptati” per renderli comprensibili nella lingua italiana.

Il Tribunale di Catanzaro

In conseguenza dell’annullamento con rinvio da parte della Cassazione, nei confronti di Fuoco ieri s’è celebrato il nuovo giudizio davanti al Tribunale del riesame di Catanzaro, che, tenendo conto delle indicazioni della Cassazione, ha accolto il ricorso dell’avvocato Di Iacovo disponendo l’immediata liberazione di Fuoco dal carcere di Viterbo. direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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