CATANZARO – Erano stati arrestati per un ritenuto “traffico” d’armi lo scorso 16 maggio, dai carabinieri della Compagnia di Cassano Jonio diretti dal capitano Michele Ornelli, in esecuzione d’una ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Procura distrettuale Antimafia.

Il 52enne di Sibari Archentino Pesce, volto già molto noto negli ambienti investigativi e giudiziari (nella foto), e due incensurati pure loro di Sibari e con Pesce imparentati, Antonio Genisi, di 56 anni, e Gaetano Genisi, di 26, padre e figlio.

Pesce era finito in carcere a Castrovillari, mentre i due Genisi erano stati assegnati agli arresti domiciliari.

Secondo le accuse dei magistrati antimafia, sulla scorta di un’attività d’intercettazione telefonica effettuata dai carabinieri nell’ottobre del 2022 su ordine della Procura e autorizzata dal gip, il terzetto si sarebbe reso protagonista d’uno scambio di pistole, una calibro 6,35 con una calibro 7,65 bifilare.

A Pesce, in particolare, veniva contestata l’accusa d’associazione per delinquere di stampo mafioso, e, a vario titolo, a tutt’e tre vengono contestati i reati di porto, detenzione, vendita e cessione d’armi.

Lo scorso 7 giugno, i giudici del Tribunale del riesame di Catanzaro avevano confermato per tutt’e tre le misure cautelari applicate nei loro confronti, vale a dire il carcere per Pesce e gli arresti domiciliari per i Genisi.

La Cassazione ha escluso l’aggravante mafiosa

Tutt’e tre, poi, attraverso il loro difensore (l’avvocato Enzo Belvedere) avevano formalizzato i ricorsi in Corte di Cassazione.

I giudici della Prima sezione penale della suprema Corte s’erano pronunciati lo scorso 5 dicembre (leggi QUI le motivazioni).

Gli “ermellini”, in pratica, avevano rigettato i ricorsi di Pesce e dei due Genisi, eccezion fatta per il punto riguardante la configurabilità dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa e quindi sulla scelta della misura cautelare nei soli confronti di Pesce, annullando proprio su tale punto l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, e rinviando così per un nuovo giudizio al Tribunale del riesame di Catanzaro.

Giudizio che s’è celebrato nei giorni scorsi, al cui esito Pesce ha guadagnato gli arresti domiciliari come i due Genisi.

I trascorsi e la figura dell’indagato secondo gli inquirenti

Pesce è considerato dagl’inquirenti un elemento trasversale a disposizione della “supercosca” ‘ndranghetista Abbruzzese-Forastefano, anche in forza della sua vecchia condanna definitiva per associazione mafiosa nel maxi-processo “Sybaris”:

un punto di riferimento – secondo la Procura Antimafia di Catanzaro – cui rivolgersi proprio per il rifornimento d’armi.

L’uomo, negli anni scorsi, dapprima era stato condannato a 30 anni di reclusione e successivamente assolto in via definitiva dalla Corte di Cassazione a seguito dell’accusa d’essere stato uno degli esecutori materiali dell’omicidio dell’incensurato 43enne di Cassano Fazio Cirolla, ucciso per errore il 27 luglio del 2009 all’interno d’un autosalone di Sibari, quando il vero obiettivo dei sicari era invece l’allora 42enne Salvatore Lione al tempo “reggente” e “contabile” della locale ’ndrina dei Forastefano e adesso collaboratore di giustizia. direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com