Individuato con esattezza il veicolo usato dal commando: proveniva da un’officina del Cassanese. I difensori di “Franchino” Adduci, finora unico imputato, oggi hanno segnato un punto a loro favore

CASSANO JONIO – I due killer di ‘ndrangheta che nel tardo pomeriggio del 4 aprile 2022 portarono a compimento la loro duplice missione di morte, ammazzando il 57enne pregiudicato di Cassano Jonio Maurizio Scorza detto ‘U cacagliu e la moglie 38enne Hedlhi Hanene detta Elena, di nazionalità tunisina, utilizzarono un fuoristrada Suzuki Gran Vitara. Un’auto “pulita”, vale a dire non oggetto di furto o d’altro.

Un veicolo che, durante le indagini condotte dai carabinieri in forza al Reparto operativo del Comando provinciale di Cosenza sotto le direttive dei magistrati della Procura distrettuale Antimafia di Catanzaro, era “comparso” nelle registrazioni dei numerosi impianti di video-sorveglianza pubblici e privati acquisiti dagli stessi inquirenti nella zona che fu perimetro del duplice fatto di sangue.

In particolare, il Suzuki è stato ripreso in contrada Gammellone, ricadente nel comune di Castrovillari al confine con Cassano, seguito dalla Mercedes Cla di Scorza all’interno della quale furono poi trovati i due cadaveri e un capretto sgozzato. Un lugubre corteo col Suzuki a fare da “staffetta”, perché, secondo la ricostruzione degl’investigatori antimafia, la Mercedes della vittima sarebbe stata guidata proprio da uno dei componenti il commando che una manciata di minuti prima aveva ucciso la coppia a colpi di pistole in una vicina masseria, quella di proprietà del 58enne cassanese Francesco detto Franchino Adduci, finora l’unico imputato finito a processo per avere concorso nel duplice delitto.

Il fuoristrada dei killer di ritorno dopo aver abbandonato la Mercedes coi due cadaveri

L’identità dei killer di Scorza e della moglie è a tutt’oggi un mistero.

La coppia ammazzata dalla ‘ndrangheta due anni fa

Una svolta investigativa “decisiva”?

Analizzando in maniera molto approfondita le immagini di quelle video-riprese, carabinieri e Procura Antimafia sono riusciti a risalire con estrema certezza al Suzuki Gran Vitara utilizzato per il crimine. Che, molto verosimilmente, potrebbe essere da tempo finito sotto sequestro. Hanno quindi appurato a chi appartenesse e da dove provenisse.

Il mezzo proveniva da un’autofficina che insiste nel comune di Cassano, ed era custodito dallo stesso meccanico, un 54enne del luogo incensurato, ma aduso a frequentare e ad accompagnarsi in occasioni conviviali con soggetti pregiudicati e persone d’interesse investigativo.

Una volta identificato, il meccanico è stato convocato dagl’investigatori per fornire “spiegazioni”, in qualità di persona informata sui fatti. Sulle prime l’uomo si sarebbe mostrato “insicuro” rispetto all’allontanamento di quel fuoristrada dalla sua officina, terrorizzato, con ogni probabilità, dalle possibili conseguenze delle proprie eventuali dichiarazioni agl’inquirenti.

La sua palese reticenza l’ha spedito dritto dritto nel registro degl’indagati della Procura Antimafia.

Oramai con le spalle al muro e messo sotto torchio da carabinieri e magistrati, l’uomo a un certo punto avrebbe deciso di vuotare il sacco, iniziando a collaborare con la giustizia.

Da oltre una decina di giorni, del meccanico cassanese e dei suoi più stretti familiari in zona si sono perse le tracce, nessuno li vede più. Con ogni probabilità la giustizia li ha prelevati nottetempo e trasferiti in una località protetta. Tanto basta a suffragare la tesi del suo “pentimento”, che, come sempre accade in questi casi, non trova (ancora) conferme ufficiali.

Il meccanico ha fatto il nome di colui al quale – o di coloro ai quali – ha prestato il fuoristrada? 

In questo caso potrebbe trattarsi proprio dei killer di Scorza e della moglie, ma ciò non è affatto scontato.

Il neo “pentito” potrebbe avere magari confessato agl’inquirenti d’essere uno degli assassini della coppia, chissà…

L’allevatore cassanese finito a processo

Francesco Adduci

Davanti ai giudici della Corte d’Assise di Cosenza (presidente Paola Lucente, a latere Marco Bilotta) il processo a Franchino Adduci volge quasi al termine.

L’allevatore cassanese è accusato d’avere teso la trappola mortale a Scorza e alla moglie, utilizzando come “esca” la consegna d’un capretto sgozzato per imbandire la tavola nell’imminenza della festività pasquale del 2022, consegnando invece, proprio nella sua masseria, la coppia ai due dispensatori di morte. 

Nell’udienza odierna, i suoi difensori, gli avvocati Cesare Badolato e Giancarlo Greco, hanno richiesto e ottenuto l’acquisizione del video-servizio effettuato per il telegiornale regionale della Calabria dai giornalisti di Raitre, nel quale si vedono tracce di sangue sul luogo di contrada Gammellone in cui è stata rinvenuta la Mercedes di Scorza.

La difesa è infatti fermamente convinta che il duplice delitto non sia stato commesso nella masseria dell’imputato, ma da un’altra parte.

La Corte ha disposto non solo l’acquisizione del video girato dal telegiornale, ma anche l’interrogatorio dei due carabinieri che avevano eseguito i rilievi sul luogo del ritrovamento dei cadaveri della coppia uccisa.

I carabinieri sul luogo del ritrovamento dei cadaveri

La battaglia processuale tra la pubblica accusa, rappresentata dal pubblico ministero antimafia Alessandro Riello, e i difensori di Adduci, è dunque destinata a continuare… direttore@altrepagine.it

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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