Non soddisfa affatto la vittima e i suoi familiari, la condanna a 3 anni, sei mesi e venti giorni di reclusione inflitta al netturbino 35enne coriglianese Stefano Proglio (foto) per il tentato omicidio a colpi di pistola del barista coetaneo e concittadino Pasquale Semeraro.
Il drammatico fatto s’era consumato la mattina del 27 agosto dell’anno scorso in pieno centro allo Scalo coriglianese di Corigliano-Rossano.
Il processo e la pena patteggiata
L’imputato, attraverso i propri legali di difesa, gli avvocati Giovanni Zagarese e Fabio Salcina del foro di Castrovillari, martedì scorso aveva patteggiato la pena dinanzi al giudice per le indagini preliminari del Tribunale castrovillarese, Simone Falerno, e al pubblico ministero, Angela Continisio.
Proglio, dopo otto mesi trascorsi in carcere, lo scorso 3 maggio era stato assegnato dal giudice agli arresti domiciliari: in carcere non tornerà neppure a seguito della condanna e presto potrebbe tornare libero.
Ricorso in Cassazione e istanza alla Procura generale di Catanzaro
A distanza di qualche giorno, però, i legali che rappresentano Semeraro, la moglie e i loro figli, gli avvocati Mario Elmo ed Andrea Salcina dello stesso foro di Castrovillari, hanno depositato ben due atti avverso la patteggiata sentenza.
Si tratta d’un corposo e motivato ricorso in Corte di Cassazione, per mezzo del quale se ne chiede l’annullamento per l’«irritualità» del concesso patteggiamento, a fronte dell’originaria richiesta dei difensori di Proglio di celebrare il fissato processo immediato avvalendosi del rito abbreviato.
Ciò aveva di fatto pure impedito la formalizzazione della già annunciata costituzione di parte civile nel processo a carico di Proglio, da parte di Semeraro e dei propri familiari attraverso i loro legali stessi.
Gli avvocati Elmo e Salcina hanno poi redatto un’altrettanto corposa e motivata istanza – questa indirizzata alla Procura generale presso la Corte d’Appello di Catanzaro – per mezzo della quale si sollecita al procuratore generale d’impugnare la sentenza presso la Corte di Cassazione stessa, e ciò anche per la concessione del giudice castrovillarese a Proglio delle attenuanti generiche senza aver considerato il porto abusivo di un’arma da fuoco in luogo pubblico.
In quest’ultimo atto scrivono, tra l’altro e in proposito, i due legali:
«Tale aspetto incide di riflesso sulla determinazione della pena finale che, alla luce del gravissimo gesto posto in essere dal Proglio, dell’allarme sociale provocato, applica una pena oltremodo irrisoria e non sicuramente proporzionata all’accaduto, quasi svilendo la funzione deterrente della stessa pena in correlazione a gravissimi comportamenti antigiuridici posti in essere». direttore@altrepagine.it