
Seguono una pista “locale” col movente della droga i carabinieri in forza alla Sezione operativa del Reparto territoriale di Corigliano-Rossano, diretti dal colonnello Raffaele Giovinazzo e dal tenente Marco Grasso.
Coordinati dai magistrati di Castrovillari guidati dal procuratore Alessandro D’Alessio, da poco meno d’un mese indagano sull’omicidio di Pasquale Aquino, il pregiudicato 57enne di Schiavonea ammazzato a colpi di pistola la sera dello scorso 3 maggio proprio davanti alla sua abitazione di Viale Mediterraneo, nella popolosa frazione della marina coriglianese.

Le video-registrazioni di sorveglianza “incrociate” con le testimonianze
In queste settimane sono state scandagliate minuto per minuto, secondo per secondo di ripresa, tutte le video-registrazioni delle diverse telecamere pubbliche e private di sorveglianza presenti nel perimetro d’azione (e non solo) del killer che ha aperto il fuoco a morte contro l’obiettivo umano da eliminare, e del suo complice.

Immagini in sequenza “incrociate” con le descrizioni fornite da diversi testimoni oculari che davanti agl’investigatori hanno riempito verbali di sommarie informazioni, che oggi restituiscono un quadro meno nebuloso del film d’azione, o meglio del reality di morte andato in scena quella sera intorno alle 19,30, quando ancora il buio era di là da venire.
Ed emerge infatti qualche “timida” novità sulle modalità d’esecuzione della “missione” compiuta dai due ignoti sicari. Che non erano “motorizzati”, vale a dire che, una volta consumato il delitto, non sono fuggiti dalla scena del crimine montando in sella a un ciclomotore. Erano, infatti, delle bici.
Due biciclette: una del killer che al momento propizio ha sfoderato il “ferro” calibro 7,65 che teneva sotto la felpa, l’altra del suo “specchietto”, il “palo” prima e durante l’esecuzione di Aquino, prima di darsela a pedalate pure lui dalla zona di Viale Mediterraneo, prendendo un’altra direzione rispetto al proprio sodale dispensatore di morte.
Spiato sul lungomare e “fatto” sotto casa
Entrambi indossavano un cappellino sportivo con visiera e una mascherina chirurgica anti-Covid abbassata sotto il naso, come hanno confermato tanto le video-riprese quanto i numerosi testimoni.
È molto probabile che l’omicida e il suo complice siano più volte passati a “spiare” Aquino mentre si trovava ancora sul lungomare in compagnia d’altre persone, scegliendo poi di “farlo” vicino all’abitazione, per correre meno rischi. Quando, infatti, l’uomo ha parcheggiato la propria Bmw 320 ed è sceso per raggiungere il portone di casa, è partita l’azione omicida.

Raggiunto dai primi colpi, Aquino ha tentato una disperata fuga, ma è stato raggiunto e finito. Il sicario, a quel punto, è risalito in sella alla bici allontanandosi velocemente. Come il suo “compare”.
La bici è un mezzo d’uso molto comune alla marina di Schiavonea. Senza targhe e facilmente occultabile: praticamente non desta sospetti. E il killer non era uno alle prime armi: ha sparato con fredda lucidità e determinazione d’ammazzare... direttore@altrepagine.it