La Procura Antimafia di Catanzaro lo scorso 11 luglio ha richiesto il rinvio a giudizio per tutt’e 11 gl’indagati
CATANZARO – Lo scorso 11 luglio, il capo della Procura distrettuale Antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri, unitamente al procuratore aggiunto, Giancarlo Novelli, al sostituto Alessandro Riello, e al sostituto procuratore di Castrovillari, Luigi Spina, ha avanzato al giudice per le indagini preliminari del Tribunale catanzarese, Chiara Esposito
la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti degli 11 indagati, a vario titolo, per l’omicidio di ‘ndrangheta compiuto la sera del 3 maggio dell’anno scorso a Schiavonea di Corigliano-Rossano, che vide vittima il 57enne pregiudicato del luogo Pasquale Aquino detto ‘U spusat (foto, leggi QUI), per il tentato omicidio del pregiudicato 39enne Cosimo Marchese detto “Il diavolo” avvenuto il 1° giugno successivo in contrada Pirro-Malena sempre a Corigliano-Rossano, per la detenzione e l’occultamento d’un arsenale d’armi nella contrada Fabrizio della stessa città jonica – tra le quali quelle servite a compiere i due delitti – per un consistente traffico di sostanze stupefacenti e per alcuni danneggiamenti compiuti sempre lo scorso anno in lungo e in largo sul territorio cittadino. Reati tutti aggravati dal metodo mafioso.
I carabinieri davanti al cadavere di Aquino
In queste ore, invece, è in corso di notifica il decreto di fissazione dell’udienza preliminare, emesso dal gip Esposito nella giornata di ieri, con gli 11 indagati convocati per la mattina del 16 ottobre prossimo in Tribunale a Catanzaro.
Gli arresti lo scorso mese di dicembre
All’alba dello scorso 6 dicembre, appena sette mesi dopo il fatto di sangue, il successivo tentato omicidio e la commissione degli altri gravi reati contestati, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro, Giuseppe De Salvatore, aveva emesso e fatto eseguire dai carabinieri l’ordinanza applicativa delle misure cautelari in carcere nei confronti di 6 persone, tutte coriglianesi, quasi tutte residenti in contrada Fabrizio, indagate unitamente alle altre 6 cui erano state applicate misure cautelari più lievi o per le quali il giudice aveva rigettato in toto le richieste di misure cautelari, che, da parte della Procura Antimafia, erano per tutti carcerarie.
Le armi ritrovate in un nascondiglio di contrada Fabrizio
In 5 accusati dell’omicidio
Quale presunto esecutore materiale sia del delitto Aquino che del tentato omicidio di Marchese è incriminato il 21enne Francesco Le Pera, che in entrambi i casi avrebbe agito con dei complici, e, segnatamente, Manuel Intrieri detto “Zuzù” anch’egli 21enne, Giorgio Arturi di 39 anni recentemente condannato per un’estorsione mafiosa (leggi QUI), Piero Francesco Chiaradia di 49 e Giovanni Chiaradia di 55.
Francesco Le Pera
Per i fratelli Chiaradia – ritenuti dalla Procura i presunti mandanti dell’omicidio – il giudice per le indagini preliminari aveva rigettato la misura cautelare per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza.
Giorgio Arturi
Quando a dicembre scattò l’operazione dei carabinieri, comunque, i due Chiaradia, entrambi noti pregiudicati di contrada Fabrizio, si trovavano già detenuti in carcere da quattro mesi per il maxi-incendio doloso e di stampo mafioso ai capannoni della “Socas Srl”, la nota autofficina meccanica, autocarrozzeria e depositeria giudiziaria proprio di contrada Fabrizio, avvolta da un enorme rogo la sera del 24 maggio dell’anno scorso. Per quel fatto il processo nei loro confronti è già in corso dinanzi ai giudici del Tribunale di Castrovillari (leggi QUI).
Giovanni e Piero Chiaradia
Nell’indagine antimafia figura persino un minorenne:
gli atti che lo riguardano sono stati trasferiti al Tribunale per i minorenni di Catanzaro.
Manuel Intrieri detto “Zuzù”
Gli altri indagati sono:
Matteo Domenico Maria Arcidiacono detto Cancariello, 26 anni (a piede libero)
Bruno Arturi, 19 (obbligo di firma alla polizia giudiziaria)
Giovanni Arturi detto ‘A vozza, 43 (in carcere per altra causa)
Antonio Pio Carvelli detto “Brivido”, 18 (in carcere)
Annamaria Iacino, 36 (a piede libero)
Antonio Martino detto “Bullone”, 19 (in carcere).
Lo scorso 15 giugno, uno degl’indagati, il 33enne Francesco Cufone, s’è suicidato nel carcere di Taranto, dopo che, nelle settimane precedenti, aveva reso ai magistrati antimafia dichiarazioni confessorie ed accusatorie nei confronti degli altri indagati, salvo poi ritrattarle il giorno prima d’impiccarsi nel bagno della cella (leggi QUI).
Gli 11 incriminati sono difesi dagli avvocati Gianni Scatozza, Antonio Pucci, Pasquale Di Iacovo, Enzo Belvedere, Ettore Zagarese, Giovanni Zagarese e Francesco Nicoletti, dei fori di Castrovillari e di Roma. direttore@altrepagine.it