SPEZZANO ALBANESE – La sera di Pasquetta, nella sua abitazione di contrada Fedula, nel comune di San Lorenzo del Vallo, è stato trovato morto – suicida – Vincenzo Talarico, 64 anni, padre del 38enne neo “pentito” di ‘ndrangheta Luca Talarico (A processo quasi finito si “pente” Luca Talarico) originario di San Lorenzo, ma, fino al suo arresto, residente nel confinante comune di Spezzano Albanese (foto).

Il genitore del collaboratore di giustizia – già condannato in primo grado a 12 anni di carcere nell’ambito del maxi-processo “Kossa” – s’è impiccato.

Nelle scorse settimane, Vincenzo Talarico aveva rifiutato il programma di protezione che il Ministero dell’Interno offre ai congiunti dei collaboratori di giustizia, decidendo di rimanere nel paese e nella casa dove aveva sempre vissuto, e il suo gesto estremo, con ogni probabilità, è collegato proprio alla decisione e al percorso intrapresi da suo figlio.

La presa di distanza di Daniela Surugiu e dei suoi figli

Oggi, invece, con una nota trasmessa agli organi di stampa da parte del suo legale, l’avvocato Sergio Mortati, l’oramai ex compagna di Luca Talarico «si dissocia formalmente dagli atti e dai comportamenti perpetrati dall’imputato», precisando che «la signora Daniela Surugiu è stata sempre tenuta all’oscuro di ogni qualsivoglia attività e/o relazione del Talarico nell’ambito del contesto criminale in cui il medesimo operava nell’area territoriale della Sibaritide;

pertanto, Daniela Surugiu e i suoi figli ribadiscono la loro volontà di dissociarsi totalmente dalle attività delinquenziali dell’ex compagno e dalle sue relazioni con pregiudicati della zona, in quanto tali comportamenti non appartengono né a lei tantomeno ai suoi figli, che vogliono vivere una vita tranquilla e felice, lontana da situazioni criminose».

La sentenza d’appello del maxi-processo “Kossa” è attesa per il 22 maggio

Unitamente a Talarico, nel luglio del 2022 il primo grado di giudizio del maxi-processo anti-‘ndrangheta “Kossa” aveva visto condannati a quasi un secolo di carcere i ritenuti esponenti della cosca di Cassano Jonio facente capo alla famiglia Forastefano e i loro ritenuti sodali, non solo cassanesi, ma dell’intero territorio della Piana di Sibari (Quasi un secolo di carcere inflitto agli imputati nel processo “Kossa”).

Il secondo grado del maxi-processo “Kossa”, che si sta celebrando davanti ai giudici della Corte d’Appello di Catanzaro, è giunto quasi alla sua conclusione:

al termine della prossima udienza, prevista per il 22 maggio prossimo – salvo rinvii – i togati dovrebbero ritirarsi in camera di consiglio per poi pronunciarne la sentenza nei confronti degl’imputati.

Talarico ha reso confessioni su qualcuno dei numerosi omicidi di ‘ndrangheta nella Sibaritide?

Il neo “pentito” Talarico è ritenuto dal pubblico ministero della Direzione distrettuale Antimafia catanzarese, Alessandro Riello, che ha rappresentato la pubblica accusa nel processo di primo grado celebratosi col rito abbreviato, partecipe dell’associazione mafiosa e “prestanome” della cosca cassanese alla quale avrebbe consentito d’ingerirsi e penetrare nei settori agricolo ed ortofrutticolo.

Non solo. Talarico, secondo le accuse dell’Antimafia e la sentenza di condanna di primo grado nei suoi confronti, per conto della cosca Forastefano avrebbe pure riscosso il “pizzo” e contribuito alla perpetrazione d’una maxi-truffa ai danni dell’Istituto nazionale della previdenza sociale e della società nazionale di lavoro interinale “Alma Spa” (TUTTI I NOMI | L’esercito dei (falsi) braccianti della ‘ndrangheta nella Sibaritide: in 143 a processo).

Adesso c’è fibrillazione tra i suoi co-imputati di “Kossa”, in merito ad eventuali verbali di dichiarazioni accusatorie che la Procura generale di Catanzaro potrebbe chiedere di far entrare nel processo d’appello prima che il dibattimento possa essere dichiarato chiuso.

Timori che si respirano pure al di fuori degl’imputati a giudizio in questo maxi-processo, perché Talarico potrebbe avere reso confessioni su eventuali altri fatti criminali finora non a conoscenza dei magistrati, magari anche su qualcuno dei numerosi omicidi di ‘ndrangheta compiuti negli ultimi anni nella Sibaritide, e potrebbe avere accusato persone finora non incappate nella “rete” dell’Antimafia. direttore@altrepagine.it   

Di FABIO BUONOFIGLIO

Classe 1974. Spirito libero, animo inquieto e ribelle. Giornalista. Negli ultimi 25 anni collaboratore e redattore di diverse testate quotidiane e periodiche regionali nel Lazio e nella sua Calabria. Nel 2011 fonda AltrePagine, la propria creatura giornalistica che da allora dirige con grande passione.

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